In campo

Un anno da Playmaker: le gioie e le sfide di far parte di Coach di Quartiere

14 Gennaio 2025
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Rieccoci al nostro appuntamento periodico nel quale vi facciamo entrare nel vivo del progetto. La mia esperienza in Coach di Quartiere è iniziata a marzo 2024, mese super power sia per il progetto stesso in cui iniziano le attività al parco dopo il periodo invernale delle palestre, sia dal punto di vista del mio background personale in quanto ero in procinto di discutere la mia tesi di laurea magistrale. È stata una catapulta di emozioni e di nuovi inizi: bambini nuovi che pian piano si facevano conoscere dai “vecchi” e questi ultimi che allo stesso tempo hanno avuto da una parte la sicurezza dei Coach che hanno voluto continuare il loro percorso, dall’altra la curiosità e il desiderio di conoscere le new entry tra cui io che da una parte sostituivo la figura del Playmaker che da anni gestiva il già consolidato territorio di Dalmine, dall’altra partivo da zero come Playmaker del territorio di Bergamo.

Ogni giorno, vedo con i miei occhi come lo sport possa essere un potente strumento di inclusione e crescita: per i bambini, i quali dopo l’esperienza di Coach di Quartiere alcuni di loro iniziano un’attività sportiva, migliorano la loro sfera relazionale creando legami di amicizie, superano le loro paure raggiungendo piccoli traguardi, sviluppano un senso di fiducia e appartenenza al progetto proprio come una seconda famiglia. Dall’altra per i ragazzi, i nostri Coach, acquisiscono nuove potenzialità, chi prima chi poi riconosce il vero valore del volontariato e della loro presenza per i bambini come punti di riferimento e come dei fratelli maggiori a cui si possono affidare, oltre tutte le opportunità che il progetto offre loro dal punto di vista personale e orientativo.

Con l’arrivo del primo freddo e delle piogge che non ci hanno dato tregua, siamo passati dai parchi pubblici dei quartieri alle palestre limitrofe nelle quali abbiamo potuto continuare le nostre attività. Qui la voglia di stare insieme e divertirsi non si è fermata e con l’arrivo di nuovi Coach i bambini si sono scatenati con nuove attività e giochi all’insegna dello sport. In palestra le attività proposte dai Coach sono più strutturate, utilizzando fantasia, materassi, cerchi e palloni ogni giorno creano percorsi ad hoc per scaricare al massimo tutta l’energia dei nostri piccoli terremoti.

In questi mesi in cui ho agito un po’ da “spugna”, ho potuto imparare quanto più possibile, sia dalle prime imprecisioni ma anche dalle esperienze degli altri Playmaker con i quali siamo riusciti a raggiungere un saldo equilibrio tra supporto e collaborazione, come un vero Dream Team. Con i bambini è stato immediato creare un ambiente accogliente e stimolante, dove il motto in campo è sempre stato: “Tutti per uno, uno per tutti” nel quale ognuno si possa sentire ascoltato e possa esprimere la propria energia come una squadra. Con i ragazzi non nego ci siano state delle sfide da affrontare soprattutto con le nuove generazioni con le quali la società di oggi fatica a trovare il giusto mezzo per entrare in comunicazione, azioni che creano un vortice di sfiducia e svalutazione dal quale i giovani faticano a sgrovigliare da soli, ma parliamoci chiaro, che noia sarebbe senza di loro!

Non si parla mai di loro ma mai come nell’ultimo periodo ne ho recepito l’importanza, i genitori dei bambini e dei ragazzi. Instaurare un rapporto con i primi è sicuramente più immediato ma non scontato dal momento in cui entrano a far parte del progetto molto spesso non percependone la potenzialità, con il passare dei giorni di attività vedo genitori che a fine giornata ringraziano i Coach per il loro impegno, per la loro presenza e volontà nel far giocare i loro bambini con anche qualche lacrima di commozione. I secondi, un po’ più sullo sfondo, sono spesso la forza motrice che spinge i loro figli a fare esperienze di volontariato. Forse perché provenienti da una generazione in cui aiutarsi a vicenda, dal grande al piccolo, era molto più facile e vicino, o forse perché riconoscono il cambiamento del mondo di oggi troppo individualistico e sradicato dalla relazione vis a vis? Da questo punto di vista ci stiamo interrogando sulla loro partecipazione attiva nel progetto, sul riconoscimento del valore che i loro figli stanno portando alla comunità e dei valori che a catena trasmetteranno ai loro coetanei.

Queste consapevolezze, frutto anche dell’eterogeneità del progetto stesso, hanno avuto necessità di tempo per maturare e ne avranno altrettanto bisogno per rielaborare sempre nuove strategie per far sì che Coach di Quartiere si consolidi in nuove comunità, perché noi ci crediamo!

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