Un mese da Playmaker. Un mese dove tre giorni a settimana vedo trasformarsi parchi di diversi quartieri in “seconde case” per bambini e Coach, i quali sotto il medesimo tetto possono ridere, scherzare, abbracciarsi ma anche avere una parola di conforto in una giornata no. Un mese dove vedo famiglie ricredersi nel futuro dei loro bambini, spesso di diverse origini etnico-culturali trovano al parco nuove amicizie con cui parlare una lingua comune, con cui condividere le giornate anche fuori da Coach di Quartiere.
I primi pomeriggi sono forse quelli più emozionanti dove bambini di diverse classi si trovano fuori dai cancelli di scuola scambiandosi qualche parola, qualche sorriso, qualcuno che si prende per mano e subito si diventa amici del cuore. Emozionante con altri occhi sono i ragazzi delle superiori, i nostri Coach coscienti della responsabilità che hanno (ma anche fieri di averla quando alcuni bambini chiedono “anch’io voglio essere Coach come te”), altrettanto spensierati e leggeri nel passare del tempo con i coetanei, ridere e scherzare ma anche imparare in un ambiente così colorato e ricco di tante sfaccettature diverse.
Lo sport nei nostri pomeriggi è un valore che accomuna tutti, che unisce, che crea squadra in cui tutti fanno il tifo per tutti, senza mai togliere quella dose di giusta competizione che tira fuori tutta l’energia e la grinta avvertita da tutto il parco.
Essere Playmaker, da neolaureata in pedagogia, mi ha concesso di entrare a piedi uniti in questo percorso ricco di soddisfazioni, ma anche sfide da conquistare ogni giorno sempre diverse. Da subito ho visto il carattere essenziale dell’ascolto, dell’empatia ma anche l’essere multi-tasking: un giorno sei infermiera per quel bambino a cui si è sbucciato il ginocchio ma anche maestra quando si chiede rispetto delle regole, sorella maggiore per quel Coach che sta passando un periodo no ma nel complesso una grande seconda famiglia. Il primo impatto è stato decisamente un “quante cose da imparare”: dal relazionarsi con famiglie e bambini agli incontri più formali con istituzioni ed enti come scuole, altre associazioni, servizi, comuni. No, non ci si annoia mai. Attualmente svolgo le attività insieme al team di Coach nel quartiere di Loreto a Bergamo con le scuole primarie dell’Istituto Comprensivo S.Lucia “Diaz” e “Rodari” che si ritrovano nel verde e attrezzato parco Diaz e nel quartiere di Mariano a Dalmine con la scuola primaria “Dante Alighieri” che insieme alle diverse famiglie che ci guardano dalle panchine del parco Baden Powell anche la giornata grigia si colora un po’ di più.
Essere Playmaker significa aprire lo sguardo a piccolezze e a contesti ancora sconosciuti, mettersi in discussione è fondamentale non solo dal punto di vista professionale ma anche come persona. Essere un punto di riferimento per bambini e Coach è una delle mie parti preferite ma anche più sfidanti in termini di responsabilità ma anche di risorsa: è uno scambio reciproco di conoscenze in cui dialogo, collaborazione e divertimento sono le parole d’ordine!