Amici sportivi,
in questo editoriale desidero condividere con voi un argomento che mi sta molto a cuore: il “mettersi a fare”, ovvero passare dalle “grandi teorizzazioni” alle “modeste e pratiche attivazioni”, dal pre-occuparsi, all’occuparsi.
L’argomento, in questo caso, riguarda i giovani per i quali si percepisce molta apprensione relativamente alla possibilità di un loro coinvolgimento attivo nel proprio percorso di crescita, personale e professionale, e di vita in generale.
Ho difficoltà a sviluppare un particolare ed articolato ragionamento trovando teorie a supporto per argomentare la mia tesi, ma il principio che sostengo è che applichiamo in “Coach di Quartiere” e quello dell’attuazione ispirazionale.
FARE PER ISPIRARE
Siamo noi, adulti, in qualità di formatori, motivatori, educatori… che, oltre al dire, possiamo fare per ispirare. Abbiamo in mano la vera possibilità di mostrare come intendiamo l’azione, cosa sia la proattività e cosa si intenda per, ma soprattutto come si pratichi, la cittadinanza attiva.
Ritengo che un orientamento pratico che mostri l’intenzione nella sua effettiva messa in atto sia il vero elemento che può fare la differenza: ispirare per modalità, senza badare troppo al contenuto che potrebbe o meno incuriosire ed interessare.
Ho sempre adorato l’entusiasmo e l’energia delle persone che, ad ogni età, si prodigano per realizzare le cose in cui credono, dando se stessi con energia.
L’EFFETTO DOMINO
Nel progetto “Coach di Quartiere” mi auguro davvero che possa prendere vita un effetto domino che favorisca il diffondersi, negli anni, di questa attitudine. Vorrei che i PlayMaker ispirino i volontari che, a loro volta, possano essere “grandi” da emulare agli occhi di bambine e bambine entusiasti di giocare oggi con loro e di poter domani diventare a loro volta “Coach” di altre bambine e bambini.
Questo il grande potere che attribuisco al “fare quotidiano”, al mostrare per ispirare i giovani in azioni in cui noi crediamo e che dimostriamo essere rilevanti per noi e/o la nostra comunità. Mi auguro davvero che possa essere questa una modalità capace di aiutarci a smettere di pre-occuparsi per l’indolenza presunta dei giovani e a spingerci ad occuparci, ovvero a “fare per ispirare”.